Estratti critici

"Mi torna il mente l'autunno del 1989; Firenze, al Bargello, Francesco Messina, quasi novantenne, offriva al museo la sua superba collezione di piccoli bronzi. Credo che lo scultore non sia mai stato, nella sua vita, più felice di quel giorno. Per lui essere al Bargello sotto forma di presenza museale stabile, era come ritrovare la patria, era come tornare ad Itaca per esservi accolto con tutti gli onori."

(Antonio Paolucci, 1992)

"Messina è dunque un artista colto, vivificato da stimoli intellettuali tra i più diversi... Penso che Francesco Messina dal 1945 in poi vada letto in un siffatto contesto, da quale ben risulta il suo coraggio e la sua grandezza. Resta da individuare, almeno in qualche caso, la vena che lo ricollega la passato, ad esempio con la cultura ellenistica (il Pugile bronzeo del Museo Nazionale di Roma) o a quell'ultimo grande erede della tradizione sorta a Rodi e a Pergamo che fu il malinteso Vincenzo Gemito."

(Federico Zeri, 1993)

"Ciò che a Messina interessa è l'idea stessa del movimento, la sua essenza. La sua idea è che non si finisce di vedere. La realtà offre immagini inedite che la scultura mette in evidenza senza artificio. Messina è dunque l'artista dello stupore della naturalezza, e tanto meglio lo verifica nella pura contemplazione senza inventare situazioni insolite e senza abbandonare la certezza della centralità dell'uomo."

(Vittorio Sgarbi, 1989)

"L'opera di Messina è emersa dal freddo oceanico dell'astrattismo moderno. Essa è senza dubbio arte, arte in senso antico e immutabile. Uno dei più sensibili scrittori moderni, Jean Cocteau, lo ha visto, e lo ha formulato con vigore poetico, parlando di Messina. Ma questa scultura è d'altra parte arte "moderna", una forma rara e insolita di arte moderna, così come, per altri aspetti, è moderno il surrealismo, malgrado la sua tecnica pittorica antiquata."

(Hans Sedlmayr, 1972)

Quello che cerca soprattutto Francesco Messina nella sua scultura è di raggiungere la bellezza dell'aspetto plastico con le forme giuste e finite; la finezza del modellato, il carattere risultante dall'osservazione acuta e dalla lunga elaborazione; il tutto unito ad eleganza e buon gusto; questi due fattori sono indispensabili ad ogni vero artista... A forza di lavoro, di polimento della forma, di acutezza plastica d'ogni angolo della scultura, le statue di Francesco Messina nascono come creazioni piacevoli a guardarsi, a toccarsi, a fiutarsi; hanno infatti anche un "buon odore"..."

(Giorgio de Chirico, 1938)

"In una nota autobiografica, Francesco Messina ha la forte ambizione di affermare che tende a una scultura che rimanga tale anche ridotta a frammento. Vi sono ragioni per credere che la nascita di queste forme vagheggiate sia soltanto protratta, perché le ultime sue opere ci rivelano in quale direzioni si va definendo l'arte di questo grande scultore. In quella sorta di purgatorio dove lo hanno relegato la maggior parte dei suoi esegeti con un verismo da distruggere e una tecnica da aggregare, Messina ha lungamente ragionato con i modelli dell'antica arte ellenica."

(Salvatore Quasimodo, 1938)

"Nulla di convenzionale e di materialistico appare nelle raffigurazioni di Francesco Messina. E' ciò accade perché la scultura - alla guisa di tutte le manifestazioni estetiche - è un'operazione magica. Pensiero, sogno, fantasia, volontà e intuizione si collegano in questi bronzi con armonia di forme e di espressione."

(Carlo Carrà, 1929)

"E' un'armoniosa e ferace giovinezza la sua, che si esprime in opere di ritmo e leggiadria. E' in lui una mirabile capacità di trasformarsi nelle versioni e nelle forme più disparate, un dono profondo e primordiale... Per vari segni, che non sono quelli dello Zodiaco, egli ci appare predestinato al più alto avvenire. Anche in lui l'uomo non è al di sotto dell'artista. Ci sono delle cose molto belle nella sua vita, dalle quali non toglierò il velo a nessun patto"

(Eugenio Montale, 1924)